Claudio Scimone
Padova, 23 dicembre 1934
Padova, 6 settembre 2018
Claudio Scimone
Chi ha conosciuto o ha collaborato con Claudio Scimone lo ricorda come un uomo coltissimo, un artista curioso e poliedrico. Ciò che colpiva in lui era l’entusiasmo contagioso, la generosità e la gioia della condivisione: aspetti che lo hanno caratterizzato e lo hanno reso un interprete libero e senza pregiudizi. Quando parliamo della sua attività vanno considerati i diversi aspetti del suo eclettismo: la formazione musicale, la ricerca e l’esplorazione stilistica, l’impegno per la divulgazione, l’interesse per la musicologia e la sua costante promozione della Cultura e dei valori della Bellezza. Scimone si è occupato del linguaggio dell’Arte mettendo sempre al centro il binomio ricerca e riscoperta del repertorio con la figura del direttore d’orchestra. Se tutti questi interessi lo hanno formato, Scimone ha poi restituito a queste discipline tutti i traguardi raggiunti sul podio, diventando un inter- prete estremamente attento al testo musicale, sensibile alla prassi, alle scelte interpretative e alla diffusione di un nuovo repertorio.
Per Claudio Scimone la “condivisione” rappresenta un parametro importante per la sua missione d’interprete: un atto d’amore tra chi suona e chi ascolta.
Il suo percorso artistico, tracciato sempre dalla sperimentazione, dallo studio e dal “ricercare continuo” lo porta ad incontrare strumentisti di talento per la gioia di far musica insieme e iniziare così un cammino che diverrà il “progetto” artistico di tutta la sua vita. Insieme a loro infatti, nel 1959, fonda a Padova I Solisti Veneti per amore del territorio e per dare opportunità professionali a eccellenti musicisti che non avevano realtà per esprimersi.
Undici archi e un cembalo: questo era l’organico iniziale che fu poi ampliato per accogliere nuovi strumentisti e sviluppare il repertorio. Nei suoi obiettivi c’è la progettualità e l’impegno di fidelizzare il “suo” pubblico con programmi stimolanti e mai scontati.
Con il primo concerto al Teatro Olimpico di Vicenza, datato 26 ottobre 1959, l’ensemble comincia la lunga avventura e sotto la sua guida si specializza nel repertorio del Settecento senza trascurare l’interesse per l’Ottocento, il Novecento storico e il contemporaneo con centinaia di titoli, una ricca serie di attività culturali e promozionali e di edizioni musicali e storiche. È impressionante leggere i numerosi programmi con autori, stili, linguaggi diversi pensati, ritrovati e interpretati da Claudio Scimone.
La sua carriera è un crescendo continuo. Debutta al Covent Garden con l’Elisir d’Amore e presto collabora per i concerti, le opere e le registrazioni con le orchestre e i teatri più importanti del panorama internazionale. Ha lavorato più volte con interpreti quali Placido Domingo, Ruggero Raimondi, Cecilia Gasdia, Katia Ricciarelli, Josè Carreras ed è stato anche lo scopritore di talenti come il basso Samuel Ramey, il soprano June Anderson, il tenore Chris Merritt e il mezzosoprano Margherita Zimmermann.
È un protagonista autorevole della renaissance rossiniana e collabora con la Fondazione Rossini di Pesaro per l’edizione critica delle opere del compositore.
Tra i meriti che vanno attributi a Scimone c’è anche quello di aver riportato alla luce le partiture dimenticate di grandi compositori italiani fra cui Albinoni, Mercadante, Geminiani, Tartini, Boccherini, Giannella, Galuppi, Rolla, Salieri, senza dimenticare l’opera sinfonica di Muzio Clementi e il bellissimo “Guillaume Tell” di André Grétry. «Esplorare e scoprire» quindi, come lui amava definire il suo incessante lavoro.
A tutte queste attività si aggiunge la passione per la formazione dei giovani come le master class collettive nelle quali I Solisti Veneti suonavano e suonano ancora oggi insieme a orchestre di giovani e studenti, come a Caracas per il “Sistema” di Josè Abreu, nei Paesi Europei, negli Usa, in Canada, Cina e numerosi altri Paesi fra cui Armenia, Kenya, Oman.
Del suo incessante impegno restano le registrazioni in cui risuonano ancora le sue parole, la sua voglia di comunicare «qualcosa di spirituale agli uomini attraverso gli uomini» e la dimensione mistica della musica che lui considerava un “rito”: un rito che continua e che si traduce nel suono dei “suoi” Solisti, ora testamento artistico del suo pensiero, della sua generosità e della sua irresistibile gioia di far musica insieme.
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Nicola Guerini